Per recensire questo libro è stato necessario sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda del suo autore. Per cui scrivo ascoltando in sottofondo Mamouna di Brian Ferry.
Io e Morgan non abbiamo molto in comune dal punto di vista musicale, tranne qualcosa come i Duran Duran e i Depeche Mode.
Non posso, ovviamente, neanche lontanamente avvicinarmi alla sua cultura musicale, ma da quando sentii per la prima volta il suono dei Bluvertigo pensai che fosse ci fosse un tizio che mi stava parlando direttamente, come se mi conoscesse da sempre. Conosceva le mie ansie di sedicenne e i riferimenti classici di cui faceva menzione mi affascinavano e allo stesso tempo m’inquietavano. Dissi: “questa sì che è arte!”.
D’allora in poi lo seguii abbastanza distrattamente, senza ossessionarmi, ma con attenzione verso quello che lui, o i Bluvertigo, avevano da dire. Trovai sempre degli spunti di riflessione nelle sue/loro parole.
E oggi credo che malgrado tutto Morgan sia un grande artista.
Molto confusionario, irrazionale nelle sue composizioni (un po’ sporco anche quando esegue musica classica, se volessimo fare i puristi, ma lungi da me…), ma per questo vero e carico di energia e potenza comunicativa, impulsivo insomma.
Questo è il suo libro. Mi è stato regalato per Natale e la sua lettura è filata liscia in poco più di qualche sera. Come ieri anche oggi Morgan offre in questo testo molti spunti di riflessione (alcuni un po’ difficili da cogliere) e molti aneddoti della sua vita sia privata che professionale.
Una di queste, l'”incontro” con Battiato, è forse quella più carica di significato. Il padre putativo dell’artista monzese si mostra in quelle pagine in tutta la sua umanità e nella sua schiettezza. Altri episodi significativi riguardano la prima adolescenza di Morgan, in Brianza, in cui il giovane Marco mostra già una discreta predilezione per i sintetizzatori e riesce a farsene comprare uno.
Il rapporto con la famiglia, quello drammatico con la morte, quello con Asia Argento, sua compagna e madre di Anna Lou, sua figlia. Il rapporto con la televisione e con i suoi meccanismi perversi e machiavellici. L’esperienza californiana (di cui, peraltro, ero completamente all’oscuro).
Ovviamente non può mancare il rapporto con la musica, da Bach a Battiato, da Brian Ferry ai Duran Duran, dai Depeche a Strauss, in un viaggio tra alti e bassi mai scontato o immobile, ma sempre alla continua ricerca del suono, della nota o della particolare assonanza o dissonanza.
In circa 250 pagine o poco meno Morgan ci offre uno spaccato della sua vita di artista inquieto, fragile ma anche profondamente riflessivo, onesto nei rapporti con se stesso (anche se lui per tutto il libro scrive “sé stesso”, non so perché..) e con gli altri.
La sua “poetica” insomma, senza un canovaccio predeterminato, raccontata come se fosse un monologo. Il tutto intervallato da pezzi di canzoni, edite o inedite, che a volte risultano chiare alla luce dell’episodio precedentemente narrato o che fanno da prologo al successivo capitolo.
Ancora una volta per me, che l’ho sempre apprezzato (e a parte qualche parte meno interessante), Morgan si conferma come un raro intellettuale dai gusti moderni e raffinati, di cultura personale e musicale sicuramente fuori dai soliti cliché dell’intellighènzia del nostro paese, capace ancora di emozionare e di emozionarsi.
Senza dubbio una lettura consigliata se amate questo genere di artisti, un po’ sopra le righe forse, ma sicuramente geniali.